BIDEN: "IL DEFAULT NON È UN’OPZIONE"

"Quasi 8 milioni di americani perderebbero il loro posto di lavoro e scivoleremmo in recessione"

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Negli Stati Uniti sono in corso da settimane trattative per alzare il cosiddetto “tetto del debito”, ovvero la somma di denaro che lo Stato può prendere in prestito sul mercato e che deve essere periodicamente autorizzata dal Congresso. Si tratta di trattative molto importanti perché se non si raggiunge un accordo entro pochi giorni, gli Stati Uniti sono a rischio default. Negli ultimi mesi, però, il Partito Repubblicano, che controlla la Camera dei Rappresentanti, ha deciso di trasformare la consueta funzione di controllo del Congresso in un’arma politica: in cambio dell’innalzamento del tetto del debito, ha chiesto al presidente Joe Biden di proporre dure condizioni, come massicci tagli alla spesa sociale. Diversi funzionari repubblicani, tra cui l’ex presidente Donald Trump, hanno lasciato intendere di essere pronti a mandare il paese in default se i loro termini non saranno concordati.

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I negoziati sono ancora in corso e le possibilità di un accordo sono scarse: il presidente Biden ha annunciato mercoledì che ridurrà la durata del suo tour in Asia (dove entrerà a far parte del G7) proprio per partecipare ai negoziati. Tuttavia, mancano pochissimi giorni per mettersi d’accordo: secondo le stime del Dipartimento del Tesoro, gli Usa potrebbero raggiungere il tetto del debito già a giugno. Ciò significa che il governo degli Stati Uniti, se non alza presto il tetto del debito, finirà i soldi per pagare i dipendenti, i militari, i programmi sanitari, finanziare i lavori pubblici e soddisfare altre esigenze finanziarie dell’investitore. Se questi obblighi non vengono rispettati, gli Stati Uniti andranno in default sul proprio debito per la prima volta nella sua storia. Non è la prima volta che gli Stati Uniti sono a rischio default a causa di un accordo sul tetto del debito: accadde nel 2011, quando Barack Obama era presidente e ancora una volta i repubblicani controllavano la nazione.

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Anche allora ci sono stati colloqui su richiesta dei repubblicani, ma all’ultimo minuto è stato raggiunto un accordo e il default è stato scongiurato. Storicamente parlando, fino al 1917 era richiesto il voto del Congresso per ogni prestito individuale. Dal 1917 si è deciso per una pratica più agile: fissare un tetto massimo di indebitamento e permettere al governo di muoversi come meglio crede all’interno di quel limite. Ogni volta che il tetto del debito viene raggiunto, a causa dell’inflazione o di un aumento della spesa pubblica, è necessario che il Congresso approvi un suo innalzamento, altrimenti il paese rischia di trovarsi senza soldi da spendere anche per l’attività corrente. Analisti ed economisti ritengono che questo stretto controllo congressuale sia utile per tenere sotto controllo il debito pubblico degli Stati Uniti, che si ritrovano a dover fronteggiare una situazione che mai avrebbero pensato avrebbe potuto bussare alla sua porta.

Francesco Bulzis

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