Aziende italiane, "fatturato in crollo del -19,7%" (Altre News)

Ultimatum del governo ad Autostrade e Atlantia - Cancelleri: "Commissariare Aspi, governo metta parola fine" - Elettricità, bollette nel mirino dell’Antitrust

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Aziende italiane, "fatturato in crollo del -19,7%"

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Fatturato in caduta libera (-19,7%) per le aziende italiane (spa e srl) nel primo semestre dell’anno con una perdita di oltre 280 miliardi di euro. Il dato emerge dall’Osservatorio sui bilanci delle srl 2018 e stime 2020 del Consiglio e della Fondazione nazionale dei commercialisti che ha misurato l’impatto dell’emergenza Covid-19 ed il relativo lockdown sul fatturato delle società di capitali nei primi sei mesi dell’anno. Nell’analisi sono considerate circa 830 mila società che fatturano complessivamente circa 2.700 miliardi di euro, l’89% di tutte le imprese e l’85% circa di tutti gli operatori economici. L’osservatorio sui bilanci dei commercialisti elabora i dati presenti nella banca dati Aida di Bureau van Dijk.

Tra le province ad accusare maggiormente gli effetti della pandemia, Potenza (-29,1%), Arezzo (-27,2%), Fermo (-26,3%), Chieti (-25,8%) e Prato (-25,3%) con performance peggiori del dato nazionale, mentre resistono meglio Siracusa (-13,7%), Cagliari (-13,8%), Roma (-16,1%), Genova (-16,5%) e Trieste (16,7%).

A livello di macroarea la maggior sofferenza si avverte nel Nord-Est (-21,3%), mentre le isole (-17,6%) fanno registrare la minor perdita in termini di variazione percentuale. Nel dettaglio emerge come nel solo mese di aprile, unico mese ad essere sottoposto interamente agli effetti della fase 1 del lockdown, la perdita di fatturato calcolata sulla base delle simulazioni descritte è pari a 93 miliardi di euro (-39,1%).

Le differenze territoriali riflettono la diversa struttura produttiva territoriale, soprattutto la differente composizione del peso del fatturato proveniente dalle attività industriali e del commercio che esprimono il peso maggiore in termini di fatturato delle società di capitali italiane e che risultano essere anche le attività più interessate dal lockdown.

In particolare, il fatturato delle società di capitali dell’industria e di quelle del commercio, complessivamente prese, pesa per il 69% sul fatturato totale. Inoltre, nel corso della fase 1 del lockdown, il fatturato delle società appartenenti ai settori chiusi per decreto è stato pari a 41,2% per l’industria e 43,9% per il commercio, con molti sottosettori con valori anche pari al 100% (ad esempio l’intero comparto automobilistico).

“Quella che emerge dalle nostre simulazioni sulla perdita di fatturato delle società di capitali italiane nel primo semestre dell’anno -commenta il presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti, Massimo Miani- è una cifra impressionante che non può non destare enorme preoccupazione per il destino delle imprese italiane”. “Adesso - aggiunge Miani - è urgente intervenire per spingere la ripresa, sia con interventi di alleggerimento della pressione finanziaria sulle imprese, a partire dal versante fiscale, sia con interventi che rafforzino il clima di sicurezza generale e quello più specifico nei settori produttivi. Non ci sembra appropriato l’eventuale intervento sull’Iva, oneroso per il bilancio pubblico ma molto poco stimolante per la ripresa di consumi e investimenti, mentre molto importanti appaiono gli interventi di stimolazione produttiva come l’ecobonus al 110%, a patto però che vengano lanciati velocemente in un quadro regolatorio il più chiaro e trasparente possibile”.

Oltre a ciò, secondo Miani “sarà fondamentale disegnare nel medio periodo una riforma fiscale che completando il riequilibrio ormai interrotto tra la tassazione sul lavoro e quella sui consumi, riduca la pressione fiscale sul ceto medio e sui giovani, così da favorire sia un accrescimento del reddito spendibile da parte delle famiglie con figli, che hanno una più elevata propensione al consumo, sia incentivando la propensione a lavorare delle fasce più deboli e l’emersione del nero”.

Ultimatum del governo ad Autostrade e Atlantia: "Nuova proposta o revoca inevitabile"

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Il governo avrebbe imposto ai dirigenti di Atlantia e Aspi un vero e proprio ultimatum: entro la fine della settimana le società devono lavorare ad un nuovo piano che dia risposte esaustive sul piano delle risorse compensative, su quello delle sanzioni in caso di inadempimento, sulle manutenzioni e controlli e che contempli un nuovo piano tariffario. E’ questo, in sintesi, a quanto si apprende, il messaggio che i capi di gabinetto di Mit e Mef hanno ribadito all’ad di Aspi Roberto Tomasi, e a quello di Atlantia Carlo Bertazzo, nel corso dell’incontro svoltosi questo pomeriggio nella sede del ministero dei Trasporti.

Le proposte messe sul tavolo ad oggi da Autostrade per l’Italia, infatti, sono del tutto insoddisfacenti per il governo. Se le società del gruppo Benetton continueranno per questa strada, a quanto si apprende, la procedura di risoluzione della concessione ad Aspi è inevitabile.

"Questa crisi ci sta mettendo davanti alla realtà dei fatti: serve un cambio di passo" afferma il ministro degli Esteri Luigi Di Maio in un post su Facebook. "Quello che prima sembrava impossibile o irrealizzabile, oggi diventa necessario. Per questo non dobbiamo aver paura di prendere decisioni nette come quella su Autostrade. È un atto di giustizia".

Cancelleri: "Commissariare Aspi, governo metta parola fine"

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"Il governo deve intervenire immediatamente, scrivendo la parola fine a questa vicenda che è davvero arrivata a battute finali. Non possiamo più aspettare". Così il viceministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Giovanni Cancelleri ai microfoni di Radio Anch’io su Rai Radio 1, sulla questione di Aspi e la gestione del nuovo ponte di Genova. "Sono più di 4 mesi - ha ricordato - che diciamo che saremmo arrivati all’inaugurazione e che senza sapere a chi darlo sarebbe diventato un grande problema per il governo. Il grido di allarme lanciato in questi mesi è stato poco ascoltato, adesso siamo arrivati alle battute finali e si deve prendere una decisione", ha detto ancora.

"Commissariamento di governo di Aspi e la gestione di Anas solo per i controlli di sicurezza" delle strade, la soluzione che propone il viceministro. "Ovviamente non si perde un posto di lavoro", chiarisce, aggiungendo come poi si debba procedere con "la messa al bando delle concessioni che in due o tre anni devono essere riassegnate", aggiunge.

"E’ chiaro che in questo momento la presenza dei Benetton è un grande problema. Hanno dimostrato di non saper gestire la cosa pubblica, i beni dello Stato, i beni dei cittadini e quindi non possiamo ancora lasciarglieli nelle mani. Noi - aggiunge - stiamo proponendo una revoca, attraverso il commissariamento e attraverso l’estromissione di Spea, con l’affidamento dei controlli di sicurezza ad Anas perché Spea li taroccava".

Elettricità, bollette nel mirino dell’Antitrust

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"L’attuale struttura di costo della bolletta determina una alterazione delle scelte dei consumatori, che devono assumere le proprie decisioni senza avere piena consapevolezza di quale sia il reale costo del servizio che stanno acquistando e dei reali vantaggi economici sottostanti la scelta di cambiare operatore". Ad affermarlo, in audizione al Senato, il Capo di Gabinetto dell’Antitrust, Enrico Quaranta.

Il costo del servizio di fornitura di energia per l’utenza, ha ricordato Quaranta, è formato da quattro componenti principali: spesa per la materia energia (nel IV trimestre 2019: 45,6%); spesa per oneri di sistema (22,6%); spesa per il trasporto e la gestione del contatore (18,8%); totale imposte e IVA (13%). Gli oneri generali di sistema, in particolare, "sono componenti tariffarie il cui gettito, di natura parafiscale, è destinato alla copertura di costi necessari per il conseguimento di obiettivi di interesse generale per il sistema elettrico", ha sottolineato.

Tuttavia "nel corso degli anni vi è stato un progressivo incremento della spesa per oneri di sistema nel settore elettrico, soprattutto - ha proseguito il Capo di Gabinetto dell’Antitrust - a causa della necessità di un sempre maggiore gettito per far fronte ai diversi obiettivi cui essi sono destinati (la crescita più significativa è imputabile all’aumento del fabbisogno necessario al sostegno alle fonti rinnovabili), il che ha comportato anche un aumento dell’incidenza di questa componente sulla spesa assoluta per il servizio di vendita dell’energia". E qui "emerge il primo effetto negativo: la complessità e articolazione della bolletta elettrica è tale da compromettere significativamente la trasparenza e la comprensibilità delle fatture per l’utenza".

Senza contare che gli oneri di sistema "determinano significativi squilibri tra gli operatori lungo la filiera - in danno soprattutto dei venditori non facenti parte di gruppi verticalmente integrati - alla luce delle modalità di esazione e del meccanismo di corresponsione delle garanzie finanziarie" prosegue Quaranta.

L’Autorità auspica perciò "anche in questa sede una soluzione legislativa che possa, in maniera più strutturale, porre mano alla questione e consentire di superare in via definitiva le problematiche concorrenziali connesse all’attuale assetto del sistema di esazione degli oneri generali di sistema, che i correttivi predisposti dal regolatore di settore hanno solo attenuato".

"In particolare, appare ormai imprescindibile il riconoscimento della natura tributaria di tale componente della bolletta elettrica, in considerazione della loro destinazione e della ormai rilevante entità degli stessi e, dunque, l’eliminazione di una loro specifica trattazione nell’ambito delle relazioni contrattuali tra venditori e distributori" spiega Quaranta.

No a un nuovo rinvio dello stop al mercato tutelato dell’elettricità, ribadisce il Capo di Gabinetto dell’Antitrust. L’Autorità ritiene che il nuovo termine individuato dall’articolo 12 del decreto Milleproroghe, che proroga al 1° gennaio 2022 la cessazione del sistema di regolazione di prezzo nel mercato dell’energia elettrica, per le micro imprese e per i clienti domestici, e al 1° gennaio 2021 nel mercato dell’energia elettrica per le piccole imprese, "debba avere carattere di definitività e non possa essere oggetto di ulteriori rinvii".

Redazione

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