Australia: Rio Tinto Group distrugge un antico sito aborigeno

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Nel corso dell’espansione della sua miniera di ferro nel Western Pilbara, Rio Tinto Group, uno dei più grandi colossi minerari del mondo, ha fatto saltare in aria la Juukan Gorge 1 e la 2 – rifugi rocciosi aborigeni di 46 mila anni. Questi siti avevano una importanza storica e culturale profonda, gli unici nell’entroterra australiano che provavano l’occupazione umana continuativa durante l’ultima era glaciale.

Come in ogni parte del mondo anche in Australia i patrimoni culturali sono una parte fondamentale della vita comunitaria e della loro identità culturale ma, a quanto pare a farla da padrona è sempre la logica economica.

Qualche anno fa, nel 2013, la Rio Tinto Group multinazionale anglo-australiana fondata da Hugh Matheson che si occupa di ricerca, estrazione e lavorazione di risorse minerarie, ottenne il permesso da parte del governo di estrarre il ferro dalle caverne di Juukan Gorge.

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Un anno più tardi, durante gli scavi vennero alla luce degli artefatti incredibili, come una treccia di capelli umani di 4000 anni, insieme ad altre prove che il sito era molto più antico di quanto ritenuto, tuttavia, una obsoleta legge del 1972 che non consente la rinegoziazione del consenso sulla base di nuove informazioni, ha permesso alla società di proseguire i lavori di scavo fino alla loro completa distruzione.

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Immediata la reazione dell’Unesco: "La distruzione archeologica nella gola di Juukan è paragonabile alle statue dei Buddha Bamiyan buttate giù dai talebani in Afghanistan, o all’annientamento della città siriana di Palmira voluto dall’Isis"spiega Peter Stone, presidente dell’Unesco per la protezione dei beni culturali.

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Le grotte sbriciolate dall’azione dei minatori, si trovano nella catena montuosa delle Hamersley Ranges, a circa 60 chilomteri dal monte Tom Price, nella regione di Pilbara.

Al suo interno in due sistemi di grotte, oltre settemila reperti, tra cui pietre da macinazione, utensili ricavati da ossa e capelli intrecciati appartenenti agli aborigeni Puutu Kunti Kurrama e Pinikura che vivono ancora oggi nella zona, eppure Rio Tinto Group, nonostante la scoperta, ha continuato indisturbato le sue estrazioni pur sapendo di provocare una perdita devastante per quei popoli e per l’umanità intera.

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Il Puutu Kunti Kurrama e la Pinikura Aboriginal Corporation, costituita da custodi locali della terra sacra, per evitare quello scempio, hanno combattuto una battaglia lunga sette anni, provando con tutte le forze a fermare il colosso delle estrazioni, facendo leva sul significato sacro che quelle grotte rappresentavano e che si sono tramandate per intere generazioni.

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Dal canto suo Rio Tinto Group aveva dato rassicurazioni che le operazioni di scavo non si sarebbero allargate, ma così non è stato, e oggi si scusa dicendo di aver sottovalutato la loro preoccupazione.

È uno dei siti più sacri della regione di Pilbara, volevamo che quell’area fosse protetta”, dichiara oggi sconsolato il direttore del PKKP Burchall Hayes a The Guardian Australia.

“Continueremo a lavorare con il Pkkp per imparare da ciò che è accaduto e rafforzare la nostra partnership. Con urgenza, stiamo rivedendo i piani di tutti gli altri siti nell’area della gola di Juukan” fa sapere l’amministratore delegato della Rio Tinto Group.

In realtà non è la prima volta che accade, non si tratta per l’Australia di un incidente isolato. Anche la costruzione di una strada la Light rail comportò la distruzione di un sito di notevole importanza, così come un altro sito nella Burrup Peninsula nell’Australia nord-occidentale è a rischio per via di un progetto per la costruzione di una rete di gas.

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Il governo del Western dopo aver constatato l’inefficacia cautelativa delle proprie leggi sta cercando di aggiungere alcuni luoghi alla lista dei patrimoni dell’umanità dell’UNESCO che a quanto pare resterebbe l’unica valida possibilità di garantirne la protezione.

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Va anche detto che molti siti aborigeni antichi non sono riconosciuti come patrimonio nazionale se non quando, durante gli scavi se ne scopre l’importanza, ma a quel punto la società che ha il permesso di scavare, difficilmente si ritira.

Ora è al vaglio una sua nuova rimodulazione che consentirebbe quanto meno di consultare gli aborigeni prima di ogni lavoro di scavo, ma questi ultimi non avrebbero comunque alcun potere decisionale.

Da come è cominciata, e anche se diversi media, Abc, Guadian, Cnn, ne parlano, si può star certi fin d’ora che si preferirà tutelare gli interessi delle lobby minerarie.

“È prezioso avere qualcosa come quei capelli intrecciati. È qualcosa di cui essere orgogliosi, ma è anche triste”ha dichiarato il direttore del PKKP Burchall Hayes a The Guardian Australia.

Come non essere d’accordo!

Gianmatteo Ercolino

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