Anarchicanto… per dar voce a chi non ha avuto voce

Intervista a Remigio Furlanut

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Il canto anarchico ha radici lontanissime. Non sono mancati artisti che l’hanno celebrato. Pensiamo a Guccini o a De André ad esempio, il cui lavoro ha reso conoscibile una parte di storia spesso rimasta oscurata. Eppure c’è una nutrita discografia.

Era alla musica che, dagli albori dell’Ottocento fino al secondo dopoguerra, si affidava la protesta sociale, la narrazione di storie quotidiane, fatte di sfruttamento operaio e di oppressione. In loro memoria Remigio Furlanut ha realizzato “Anarchicanto”, uno spettacolo sui generis, dal ricco e coinvolgente repertorio. Un serbatoio da cui attingere il coraggio e la forza d’animo di chi, dietro le quinte, ha fatto la storia. Messaggi forti, in chiave di ballate e ritornelli, sono giunti ai numerosi spettatori: “La pace è fra gli oppressi e la guerra agli oppressori”.

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Lo spettacolo ha fatto il suo debutto in Puglia, nella provincia di Taranto presso la Cooperativa Sociale Robert Owen. Per l’occasione c’è stato l’intervento straordinario dell’attore Michele Riondino, protagonista di fiction televisive e vincitore del nastro d’argento per il film “Dieci inverni”, da sempre impegnato nel sociale.

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Remigio Furlanut ci parla della messa in opera di questo particolare spettacolo?

È chiaramente uno spettacolo autoprodotto, si basa cioè sulla volontà dei componenti che piano piano si sono aggiunti allo spettacolo. Mi interessavano i canti anarchici e lo spettacolo che abbiamo realizzato, non ha le caratteristiche di un vero e proprio concerto per questo lo definiamo Teatro Canzone, se si può parlare ancora di teatro canzone dopo Gaber. In esso abbiamo voluto creare un collegamento attraverso la voce, più che narrante, evocatrice di Santi Spanna, riprendendo alcuni episodi e frammenti di testi e di canzoni, costruendo quel filo conduttore per tutto lo spettacolo, esso quindi è intervallato da canti e momenti di evocazione. Inizialmente eravamo in tre: io, Francesco Gaudio al basso, Andrea Forte al cajon e percussioni, successivamente si sono aggiunti Gianni Cellammare per l’ance e le sonorizzazioni, Francesco Dracca alla fisarmonica, Loredana Gaudio si cimenta invece nella danza aerea, metafora della libertà, dell’utopia e della ricerca del sogno verso l’Alto.

Nel panorama musicale contemporaneo quale posto si può assegnare al vostro distintivo anarchico?

Io più che fare una ricerca di canti prettamente anarchici e quindi, lungi dall’avere una visione molto politicizzata e dunque chiusa dello spettacolo, ho cercato di inserire canti che spingessero verso gli ideali e la libertà, unendo quei canti che non sono prettamente anarchici, ma sono canti di lavoro, di prigionia che mettono in risalto le condizioni degli oppressi. Mi piaceva semplicemente far emergere il rapporto fra il canto e la libertà, è su questo che ha puntato il mio repertorio.

Che impatto si percepisce nella gente che viene ad ascoltarvi?

Abbiamo fatto una prova generale ed in questa occasione abbiamo potuto notare la partecipazione di gente di una certa età chiaramente anarchica che conosceva le canzoni e che le cantava. Ci sono stati comunque i giovani che non conoscevano il repertorio e che si sono mostrati interessati alla storia che stavamo raccontando grazie ad un filo conduttore.

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La presenza di Michele Riondino che significato ha qui questa sera?

Michele Riondino è un mio storico amico quasi d’infanzia. Con lui ho fatto una tournée teatrale intitolata “Angelicamente anarchici” in cui mi sono occupato della musica insieme a Francesco Forni ed Ilaria Graziano. La musica era di De Andrè tranne quella di proposte inedite nostre fatte apposta per lo spettacolo. Michele Riondino interpretava don Gallo, un prete particolarmente combattente. In questa tourée abbiamo avuto modo di parlare dell’ideale di questo prete e della sua visione della società e così è nato questo nuovo spettacolo in cui, in un piccolo segmento, io e lui facciamo un mix di due canzoni: lui recita “Gli anarchici” di Leo Ferrè, non nella versione originale francese, ma in italiano, io invece mi vado a mescolare con una milonga anarchica argentina in spagnolo. È un momento molto suggestivo in cui si uniscono recitazione e canto.

Ester Lucchese

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