ASPETTANDO IL G20

Cosa attenderà Biden nella Capitale

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Questo week end si prepara ad essere punto cardine e tappa cruciale del calendario mondiale. A Roma, sabato 30 e domenica 31, andrà in scena il G20 con i principali capi di stato o rappresentanti per loro.

Grande attenzione soprattutto per Joe Biden, atteso da molteplici insidie al summit capitolino.

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Quando lo scorso 20 gennaio Biden è stato eletto 46esimo presidente degli Stati Uniti, nei vari palazzi dei leader mondiali qualcosa è cambiato. Dopo i quattro anni turbolenti firmati Donald Trump, la figura dell’ex vice di Obama sembrava poter riportare maggiore calma e collaborazione da parte del Paese stelle e strisce.

Queste sensazioni erano figlie del distacco netto palesato e dichiarato da Biden ancor prima di entrare nella Casa Bianca rispetto alla linea seguita dal suo predecessore. In primis un multilateralismo da ritrovare, dopo gli anni dell’‘’American First’’ del Tycoon. Anche nella squadra governativa Biden ha rimarcato tutto ciò: come segretario di Stato nomina Tony Blinken, uno dei diplomatici più apprezzati di Washington, uomo di solide relazioni internazionali per formazione e storia personale; l’ex segretario di Stato John Kerry rientra invece nell’amministrazione come inviato speciale del presidente per il Climate Change.

Oltre alle parole, anche i fatti sembrano virare nella direzione giusta, infatti il nuovo presidente riporta subito gli USA nell’Accordo di Parigi per la riduzione delle emissioni inquinanti, dal quale Trump si era tirato fuori.

In aggiunta a tutto ciò, a far ben sperare erano le importanti sfide che il mondo contemporaneo si trovava e si trova tuttora davanti a sé: una crescita economica inclusiva, la sicurezza internazionale, la risposta a una pandemia mondiale e ai cambiamenti climatici che investono e riguardano tutto il nostro pianeta. Tutte tappe da affrontare su scala globale ed in modo coordinato, con un alleato come gli Stati Uniti a fare da apripista, visto il suo ruolo cruciale a livello mondiale. In virtù di ciò, alcune delle mosse avanzate fin qui da Biden hanno creato molta perplessità e fatto vacillare le speranze sopracitate. Tutto ciò sarà banco scivoloso al prossimo G20 nella Capitale.

Analizzando alcune decisioni assunte da Washington si può capire meglio come Biden fin qui non sia stato l’alleato che ci si aspettava. Partendo dal commercio estero, fin qui gli Stati Uniti non hanno cambiato più di tanto rotta rispetto al recente passato.
Il ‘’protezionismo’’ instaurato da Trump, che ha spostato l’attenzione sulla Cina come nemico numero uno, è ancora pressoché intatto. I dazi su gran parte delle importazioni cinesi imposti dall’amministrazione precedente non sono stati rimossi, e all’orizzonte non vi è intenzione di farlo.

Altra scelta tutt’altro che multilaterale è stata fatta anche nei confronti dell’Europa. Dopo l’esplosione della pandemia gli USA si sono isolati completamente, e una volta trovato il vaccino da aziende americane il governo ne ha acquistati in grandissima quantità iniziando a vaccinare i suoi cittadini. Il tutto con il resto del mondo, e gli alleati del Vecchio Continente, in seria difficoltà di approvvigionamento.

Fortunatamente questa situazione è migliorata, e l’UE ha riaperto i propri confini (anche ai viaggi USA); al contrario, gli Stati Uniti ancora non l’hanno fatto. La data scelta da Biden per la riapertura è l’8 novembre, ma comunque una forte perplessità, ed anche irritazione, non è mancata da parte dell’Europa.

Tasto durissimo è la crisi innescata dal ritiro dall’Afghanistan. Al di là dei vari spostamenti temporali per il ritiro, ciò che si è messo in luce nel caos di agosto è stato la poca coordinazione delle operazioni tra USA ed alleati europei. Per inciso, l’Europa ha lavorato e combattuto al fianco degli Stati Uniti per tutto il periodo in medio oriente.

Le diatribe tra Biden ed il resto del mondo, che verranno sicuramente dibattute o comunque incideranno al G20, non finiscono qui. Qualche settimana fa, altro caso diplomatico di altissima rilevanza: gli Stati Uniti hanno annunciato un accordo di partnership con il Regno Unito per fornire una flotta di sottomarini nucleari all’Australia e rafforzare le difese nell’area indopacifica, di grande interesse americano in quanto vede coinvolta ovviamente la Cina.

Il caso è scoppiato quando si è saputo che questa flotta e partnership era stata aggiudicata alla Francia, alleata storica americana. Da Parigi l’ordine immediato ai propri ambasciatori a Washington e Canberra di tornare; l’Europa ha risposto anch’essa duramente, minacciando di rivedere le relazioni transatlantiche. Biden e gli USA hanno battuto in ritirata, ed al G20 il presidente americano incontrerà personalmente Macron.

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Infine, ultimo scoglio che Biden si troverà ad affrontare a Roma è la tematica relativa al clima. Fin dalla campagna elettorale, le aspettative su questo spinoso argomento erano state innalzate tantissimo da Biden. Il coinquilino della Casa Bianca aveva puntato in alto, lanciando un piano per riconvertire tutta l’economia americana alle fonti energetiche rinnovabili entro il 2050. Probabili cause di questa promessa il forte negazionismo trumpiano e i dati che mettono gli Stati Uniti al terzo posto come più inquinante al mondo per quanto riguarda l’emissione di Co2.

A far arrivare Biden al summit capitolino ridimensionato su questo tema ci sono svariati punti. Il primo è mera contraddizione o fondatissimo dubbio. Pensare che l’economia americana possa cambiare totalmente in trent’anni, abbandonando ciò che l’ha resa prospera, ovvero lo sfruttamento intensivo della sua terra (carbone, petrolio), pare quantomeno utopistico.

Ad alimentare le perplessità ci sono poi i costi. Il piano Biden in tematica clima costerebbe 3500 miliardi di dollari, cifra che il Congresso non vuole accettare. In più va considerato che un’eventuale riuscita farebbe chiudere interi settori industriali e lascerebbe a cassa una moltitudine di americani.

Tutto questo porrà Biden al G20, e soprattutto all’attesissimo vertice sul clima a Glasgow dal 9 al 20 novembre, pesantemente ridimensionato anche su questo tema.

Joe Biden non vivrà un weekend facile a Roma. Atteso da tante domande alle quali dovrà dare risposte convincenti, ed assicurare anche azioni future annesse. Il multilateralismo decantato tempo fa ha visto solo avvenimenti controversi e contraddittori, che hanno rimesso in dubbio la sua figura e l’America stessa nel palcoscenico globale. Roma con il suo G20 sarà un banco di prova e trattativa importante, oltre che insidiosissimo per Joe Biden.

Riccardo Seghizzi

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