ARTE E SPIRITUALITA’

L’adorazione dei pastori di Tintoretto

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Eccoci di nuovo per un viaggio alla scoperta dei tesori dell’arte. Vi presento «L’adorazione dei pastori», enorme tela del Tintoretto, nella Sala grande di San Rocco a Venezia.

cms_24366/1v.jpgScenografia degna di un grande regista quella ideata dall’artista veneziano. Iconografia originale, un cascinale aperto, diviso orizzontalmente in due zone da una specie di soppalco, tipico delle stalle contadine, descritto realisticamente. In basso degli animali, un viavai di pastori con i loro doni, accorsi a partecipare all’evento, ognuno colto nella naturalità di tutti i giorni, parlano, si informano dell’accaduto, aspettano di salire la scala in legno e vedere il Bambino. In alto due balie, una ha il seno scoperto e porge un piatto con del latte per Gesù. Questi nella culla è accudito dalla madre, mentre Giuseppe, appoggiato al bastone, lo osserva pensoso. Dal tetto entra una luce innaturale, luce della grazia, esaltata da angeli e cherubini, che illumina i personaggi. Le travi del tetto formano tre croci e la mente va al Calvario, in cui quel Bambino immolerà la sua vita per la tua salvezza.

Vangelo significa «buona notizia» che Dio si prende cura di te. Un antico profeta a riguardo scrisse: «Come una madre consola il figlio così io vi consolerò». Rompe la solitudine, spauracchio terribile per l’uomo di tutti i tempi e viene a consolarti. Innanzitutto però fa esperienza di povertà e ha bisogno lui stesso di essere consolato e accudito. La scaletta in basso richiama simbolicamente la discesa di Gesù nell’incarnazione. La gallina che quasi esce dalla cornice ricorda il tenero richiamo del Figlio di Dio: «Gerusalemme quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli come una chioccia i suoi pulcini sotto le ali». Dio scende, riduce le distanze, al punto da uscire quasi dal quadro, si avvicina, ti vuole consolare per le mille ferite che la vita ti ha inferto.

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La donna in piedi sembra indicare verso il gallo. Anche il bue, l’asinello e il pavone sembrano guardare il gallo, insolito signore della scena. Questi guarda in basso, verso le uova. La mano del pastore, a sinistra, sembra prendere le uova dal cesto. La sua mano destra tende verso l’alto il dono per arrivare nelle mani dell’ultimo pastore a sinistra, che, come un ascensore portavivande, copre tutto con un tovagliolo e tende i regali, il cibo, al secondo piano. Qui però la mano del pastore si arresta, non arriva in cima. La trave orizzontale divide i due piani.

La balia, che abbiano visto, col seno scoperto potrebbe rappresentare la Carità; l’altra, in ginocchio con le mani giunte potrebbe essere la Fede. Infine la donna in basso non è una semplice pastorella, ma la terza virtù teologale, la Speranza. Infatti il pastore in basso a destra con il suo sguardo in diagonale vede tutte e tre le donne. Questo ci spinge a legarle, anche per la foggia simile del loro vestito. Anzi è lei la chiave di lettura. Senza la speranza si resta schiacciati. Lei indica il sole che sta sorgendo nell’umanità, non si vede, ma il gallo lo preannuncia.

Il pavone, simbolo di incorruttibilità, perde le piume ogni inverno per riprenderle a primavera. Il gallo, signore del giorno, rimanda anche alla Passione e al triplice rinnegamento di Pietro.

La Speranza di spalle non vede il Bambino, può solo sperare che esista un secondo piano verso cui salire. Solo Carità e Fede lo vedono. I due pastori alla sinistra e alla destra, che imitano i gesti delle due donne, l’offerta e le mani giunte: possibilità del dono di sé e della fiducia nell’assurdo. La Speranza resta in basso, non accede da sola al secondo piano. La luce scende dall’alto e arriva giù lieve, soffusa, non acceca. Il Prologo di Giovanni afferma: «Splende nelle tenebre». Legni, travi, ombre mostrano gli impedimenti e le resistenze. «Ma a quanti l’hanno accolta ha dato il potere di diventare figli di Dio». Il secondo piano è possibile, anzi resta la meta.

La spiga che si stacca in maniera innaturale dal covone alle spalle di Maria è un simbolo. Il Vangelo ricorda: «Se il chicco di grano non muore, resta solo; se muore, produce molto frutto». Nuovamente morte e resurrezione. Tintoretto sembra faccia nascere Gesù volutamente in un fienile, invece che in una grotta o in una capanna. Betlemme significa «Casa del pane» e, proprio come pane, tra paglia e fieno, appare il Bambino. Il mio commento iconografico spirituale al link: https://www.youtube.com/watch?v=B3ls8eyGi-w

Alessio Fucile

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