ARMENIA-AZERBAIGIAN: YEREVAN CHIEDE AIUTO ALLA RUSSIA

Preoccupa l’escalation nel Caucaso, l’Armenia chiede aiuto a Putin, mentre l’Azerbaigian spera nella Turchia

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Si è riacceso il conflitto in Nagorno-Karabakh tra Armenia e Azerbaigian. Il governo armeno ha denunciato una nuova offensiva dei militari azeri nei territori contesi. La guerra tra i due Stati prosegue in realtà da oltre 30 anni, anche se a bassa intensità e con sporadiche offensive tra le forze armate. Venti di guerra tornano quindi a spirare su quella porzione di territorio sud caucasico, dopo la pace mediata nel 2020 da Vladimir Putin. Riavvolgendo il nastro della storia i primi conflitti tra Armenia e Azerbaigian risalgono agli anni ‘90, sempre per il controllo dell’area a sud-ovest dell’Azerbaigian, all’epoca popolata da un’etnia di origine armena che ha autoproclamato la Repubblica dell’Artsakh. La prima parte della guerra si è svolta dal 1992 al 1994, con le più classiche motivazioni: Baku lamentò la perdita del suo territorio e rivendicava il principio di integrità territoriale, l’Armenia, invece, rivendicava quel lembo di terra per l’autodeterminazione dei popoli. Negli anni ‘90 il conflitto ha portato alla morte oltre 30000 persone, ed il 5 maggio 1994 fu siglato l’accordo di Biškek, capitale del Kirghizistan, che sancì il cessate il fuoco senza porre fine alla diatriba geopolitica.

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Dopo anni di apparente calma, lo scorso 27 settembre 2020 sono riprese le ostilità. Secondo la presidenza della repubblica dell’Artsakh, l’esercito azero effettuò alcuni attacchi missilistici e aerei diretti verso paesi e città. Al contrario, le autorità azere risposero dichiarando che l’esercito stava effettuando una controffensiva, dopo un attacco delle forze armene. Dopo quarantaquattro giorni di aspro conflitto, il 9 novembre fu firmato un secondo cessate il fuoco, mediato dal presidente russo Putin. L’errore fatto anni prima si è quindi ripetuto nel 2020, tamponando soltanto la guerra ma non ponendone fine. In questa seconda parte del conflitto hanno perso la vita oltre 6.500 persone, e la Russia ha insediato nei vari territori, e zone di contatto, migliaia di militari. Si arriva quindi al 2022, quando già in estate si erano palesate ostilità ed attriti tra i due Stati, con le solite accuse reciproche e la morte di due combattenti armeni e uno azero. Qualche giorno fa sono arrivate le conferme che questa guerra è sostanzialmente ripartita. I due governi hanno reciprocamente denunciato attacchi, soprattutto nelle zone di Dashkesan, Lachin e Kalbajar.

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Alcune posizioni, rifugi e roccaforti delle Forze Armate azere sono state sottoposte a un intenso fuoco da parte delle unità dell’esercito armeno. Di conseguenza, si sono registrate perdite tra il personale e danni alle infrastrutture militari” così si è espresso il governo azero, mentre il ministero di Yerevan riferisce di attacchi dell’Azerbaigian attraverso bombardamenti in tre direzioni, utilizzando veicoli aerei senza pilota, e che hanno provocato la morte di 49 soldati. Nelle ore successive si è tenuto un colloquio telefonico tra il primo ministro armeno, Nikol Pashinian, Vladimir Putin, Emmanuel Macron e il segretario di Stato americano Antony Blinken, nel quale l’Armenia ha chiesto una pronta risposta ed aiuto. Nello specifico, in virtù del Trattato di amicizia, cooperazione e mutua assistenza tra Armenia e Russia, il Consiglio di sicurezza armeno ha deciso di rivolgersi direttamente a Mosca per chiedere assistenza. "È stata presa la decisione di appellarsi formalmente alla Federazione Russa al fine di attuare le disposizioni del Trattato di amicizia, cooperazione e mutua assistenza. Ci sarà anche un appello all’Organizzazione del Trattato di sicurezza collettiva (Otsc) e al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite in relazione all’aggressione contro il territorio sovrano dell’Armenia". L’Otsc citato da Yerevan è una alleanza militare risalente 1992, di cui fanno parte Armenia, Russia, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan e Tagikistan.

L’Azerbaigian dal canto suo vanta meno alleanze, ma conta sul supporto militare della Turchia. La situazione è incandescente e tanti invocano un’immediata tregua per fermare l’escalation. Nella mattinata di ieri, infine, secondo quanto riporta l’agenzia russa Tass, le parti hanno concordato un nuovo cessate il fuoco a partire dalle 9 locali.

Riccardo Seghizzi

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