ALLENIAMOCI AL FAIR PLAY E ALL’EDUCAZIONE CIVICA

Per educare allo sport, dobbiamo ritornare alle regole e “… smilitarizzare” il linguaggio in campo, in tribuna e negli spogliatoi.

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“….che tu possa incontrare la vittoria e la sconfitta e trattare queste due… belve allo stesso modo”.Compito primario dell’uomo, ricorda l’Enciclica "Laborem Exsercens" di Papa Giovanni XXIII, è di umanizzare la vita. Sempre attuali, calzanti e vive quelle parole trovano, soprattutto in questo periodo di opulenza e benessere, luci, colori ma anche di indifferenza, grande riscontro. Se da una parte c’ è, infatti, una società civile che va a gonfie vele, dall’ altra c’ è la quota meno fortunata che s’ intristisce sempre più marginata in una sorta di tunnel della disperazione e dell’apatia che determina molteplici forme di nuova intolleranza.

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Per uscirne, esiste un solo veicolo che richiede però uno sforzo corale, da materializzare insieme con slancio e fraterna determinazione: l’allenamento al fair Play e all’educazione civica. Una strada questa che nessuno può percorrere da solo. Che richiede opere positive ed armonizzate in grado, quindi, di contribuire alla maturazione di una forma di coscienza collettiva: capace d’instillare in coloro che la praticano un senso speciale di missione.

cms_681/images.jpgE’ il fair Play corredato dall’educazione civica, il terreno particolarmente adatto e fecondo per confrontarci con noi stessi e sperimentare quanto e in quale misura riusciamo a "farci prossimo"; a comportarci, insomma, veramente da persone diligenti e serie, responsabili e sportive. Compito di ciascun uomo di sport è, quindi, di contribuire all’attuazione degli obiettivi più autentici che il mondo dell’agonismo puro auspica ed, oramai da troppo tempo, invoca. Per contribuire alla valorizzazione ed alla diffusione del fair Play e dell’educazione civica, è sufficiente che ciascuno, nell’ambito del proprio ruolo, rispetti la dignità personale e l’etica sportiva, le regole del gioco e della legalità. Al bando, quindi, ogni “furbata”. Ripudiamo i facili vantaggi ottenibili con l’inganno ed a spese della salute e del corpo; adoperiamoci invece contro il doping, la ricerca sfrenata del successo a tutti i costi impegnandoci al massimo per impedire la violenza dentro e fuori le scuole, le palestre, i campetti di periferia, negli stadi e negli spogliatoi. Osteggiamo certi modi di dire e di fare a cui taluni, spesso e volentieri, fanno ricorso per colorire le loro performance retoriche con parole ed allocuzioni che rivelano una nascosta matrice “bellicistica". Basta una parola per arroventare o mitigare certo clima. La pace o la guerra possono anche cominciare dal linguaggio. La pace è uno stile di vita e come tale deve maturare con l’educazione permanente ed essere orientata sulla ragione etica e morale. ”Lo sport è promotore di valori morali, etici e sociali, fattore di sviluppo della persona e della società civile”.

IL LINGUAGGIO IN PUBBLICO

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Ahimè! Quante volte, purtroppo, veniamo scossi da espressioni di dubbio stile lessico educativo, pronunciate dentro e fuori degli stadi, nei bar ed in pubblico. Chi di noi non ha, infatti, ascoltato parole… in libera uscita scandite da certe… bocche del tipo: “…avversari in campo, duellanti, nemici acerrimi, cannonata, botta atomica o velenosa, raffica, sventagliata, rasoiata, accerchiamento, assalto in massa, dominio, schiacciante superiorità, strategia, sopraffare, punte avanzate, retrovie, blocco difensivo, attacco massiccio, accerchiamento, capacità e potenza d’urto, dar fuoco alle polveri, capocciata, intervento da… dietro.. arpionata... ” e via dicendo ancora con i riferimenti al genere della persona, la sua razza, l’età e i comportamenti sessuali. Parolacce dirette all’arbitro, alle mogli e fidanzate condite da fischi, disapprovazioni, rumori molesti e simulazioni di atti e comportamento devianti. Per non parlare poi degli striscioni su cui sorvoliamo. Che tristezza ! E queste sarebbero modalità e parole sportive ? certamente no ! Anzi. Pessimi mod…acci di dire tratti da non sappiamo quale manuale di strategia e tecnica della guerriglia. Non certamente frutto meditato e studio del vocabolario. E Dio non voglia che anche questo abbia contribuito a quelle intemperanze di recente memoria che hanno squassato gli stadi dentro e fuori. Vi pare giusto ricorrere a similitudini di questo tipo per trattare della nobiltà sportiva ? Un linguaggio di questo tipo simbolico-esasperato è in grado di trasformare non solo una partita di calcio, ma qualsiasi manifestazione, in uno scontro di frontiera o fra teppisti di bande rivali. In cui dovrebbero, invece, prevalere il fair-play, il massimo rispetto per le regole e i valori primari. Laddove, invece, per migliorare il clima generale in cui si dibatte anche il nostro stanco mondo sportivo, occorre mirare alla acquisizione: soprattutto da parte degli addetti ai lavori, ad atteggiamenti e comportamenti e ad un linguaggio esclusivamente di pace.

PACE NEGLI STADI

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La “smilitarizzazione” del linguaggio può, quindi, diventare un compito altamente umanitario oltre che necessario per conseguire un clima rasserenante e di pace anche negli stadi. E’ come dire insomma, sostituire le armi giocattolo con le caramelle ovvero trasformare i cannoni in aratri e via dicendo. D’altronde non può andar bene nessun aspetto del vivere sociale se ci si esprime con parole che fanno riferimento e rimestano fatti di violenza. Siamo convinti della importanza dell’adeguamento del linguaggio nel segno di un programma purchessia ma teso a migliorare il clima generale, appunto partendo dallo sport ! In ogni sistema culturale è presente un simbolismo specifico che si esprime normalmente mediante il linguaggio. Lo strumento, cioè, di socializzazione per eccellenza che rende possibile quello stesso processo educativo per cui ogni uomo è chiamato a comprendere il patrimonio culturale della società cui appartiene. In ogni cultura c’è un ritmo, un principio che armonizza i diversi elementi che la compongono anche nella loro eterogeneità: scoprire i modelli culturali significa comprendere perché una cultura è quello che è, proprio nello stile di vita dei suoi esponenti. Non fa certamente bella figura colui che pratica un’attività motoria pubblicizzata da opinabili profusioni bellicose, per superare un antagonista e per ottenere un risultato purchessia, fa ricorso a mezzucci illeciti e fa scempio delle regole. Impegnarsi in una qualsiasi pratica sportiva significa, invece, apprendere a praticare il senso del sacrificio, della tenacia, della lealtà, del rispetto di se stessi e delle regole del gioco. Significa, insomma, imparare a mettersi alla prova. Perché lo sport è sempre stato considerato un valido e indispensabile strumento di educazione permanente al servizio della società civile. Tendere ad esaltare ed intensificare le condizioni idonee all’espansione della solidarietà umana e favorire sentimenti di pace, è compito altamente umanitario, in ogni contesto sociale: nella civiltà e nello sport. E “Pace” sia !

Giancarlo Giulio Martini

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