ADDIO IMMUNITA’ PER LE BIG TECH?
Cos’è la sezione 230 del CDA?

I colossi del web, come i normali editori, potrebbero essere responsabili dei contenuti pubblicati dai loro utenti. Nei prossimi giorni, la Corte Suprema USA prenderà in esame una legge di 27 anni fa che protegge le Big Tech da azioni legali e penali per i contenuti pubblicati dai loro utenti. Una revisione che potrebbe rivoluzionare il web e aprire la strada ad azioni risarcitorie in massa. La legge in questione è la "sezione 230", facente parte del Communication Decency Act (CDA), e si tratta di una legge fondamentale degli Stati Uniti che riguarda la responsabilità legale dei fornitori di servizi online, come i social network e le piattaforme di e-commerce. Approvata nel 1996, questa legge è stata introdotta per garantire ai fornitori di servizi online la libertà di ospitare contenuti creati dagli utenti senza dover affrontare costi legali eccessivi o essere soggetti a possibili accuse di responsabilità per il contenuto pubblicato dagli utenti.
In particolare, la sezione 230 protegge i fornitori di servizi online dall’essere ritenuti responsabili per i contenuti pubblicati dagli utenti sulla loro piattaforma, a meno che non siano coinvolti in attività illecite, come la promozione di attività illegali o la violazione dei diritti d’autore. Questa protezione legale ha permesso lo sviluppo e la proliferazione di una vasta gamma di servizi online, come i social network, i forum online e le piattaforme di e-commerce. All’epoca la maggior parte dell’attenzione era rivolta ai contenuti sessuali, ma con il passare del tempo sul web sono cominciati ad arrivare altri pericoli come l’estremismo jihadista, i crimini d’odio, la violenza in genere. Uno degli scopi della sezione 230 era appunto fare una distinzione tra “piattaforme” e “editori”, ma se nel 1996 le piattaforme erano solo mere pagine testuali, col passare degli anni i social si sono iniziati ad evolvere, rimuovendo e moderando i contenuti ritenuti non leciti. Ma quando assumono volontariamente il compito di editore rimuovendo altre idee, tendenzialmente offensive, umorismo o fake news, si comportano ancora come una piattaforma?
È questo uno dei punti cardine che suscita numerosi dubbi, essendo la sezione 230 piuttosto vaga sull’argomento. A metà 2020 l’allora presidente Usa, Donald Trump, aveva puntato il dito contro la stessa norma, accusando i social di assumere posizioni editoriali, con i loro interventi sui post pubblicati dagli utenti. Nonostante sia vista come un pilastro dello sviluppo dell’internet, sono 28 gli Stati che hanno chiesto alla corte suprema di rivedere la legge che tutela le Big Tech. Inoltre, a seguito di vari procedimenti, l’Alta Corte ha recentemente annunciato di aver iniziato a esaminare il caso della famiglia Gonzales contro Google, e dovrà esprimersi sulle cause intentate dalle vittime di attacchi jihadisti che accusano Google e Twitter di “aiutare” il gruppo dello Stato Islamico. Le sentenze emesse durante il 30 giugno, quindi, potrebbero modificare corposamente la legge del 1996. Una possibile soluzione a tutto ciò sarebbe un intervento del Congresso per scrivere una nuova legge che trovi un equilibrio tra la garanzia che il web continui a funzionare e l’inclusione di alcune clausole di salvaguardia contro la promozione di contenuti illegali.
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