" MANCA SOLO MOZART "

La nostra intervista a Marco Simeoli

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Manca solo Mozart” da un’idea di Marco Simeoli, scritto e diretto da Antonio Grosso. Tratto da una storia vera. Marco Simeoliracconta del negozio di musica del nonno “Musica Simeoli” situato di fronte al Conservatorio di San Pietro a Majella a Napoli e delle varie generazioni che si sono succedute.

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Il titolo è dovuto ad un noto camorrista che va lì per riscuotere il pizzo e si accorge che tra i tanti musicisti manca Mozart.

Il racconto alterna i sorrisi dei primi anni 20 quando il negozio era appena nato e la tristezza vissuta negli anni della seconda guerra mondiale in cui dovette soccombere agli ordini fascisti che in ogni negozio dovevano affiggere un cartello con su scritto “Il negozio è ariano, non serviamo gli ebrei”. Anni duri in cui il negozio di musica fu trasformato in ortofrutta pur di non chiudere e andare avanti!

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Il negozio dei tuoi Avi,quante generazioni ha attraversato?

Mio nonno Salvatore Simeoli, apre il negozio nel 1920. Da allora sono passate due generazioni ovvero il figlio Florestano, insieme al fratello Carmine, due degli otto figli che mio nonno aveva avuto presero in gestione il negozio. Adesso sono alla terza generazione, se ne occupa Salvatore Simeoli figlio di Florestano che si chiama come il nonno che aveva iniziato l’attività.

Immagino che anche tu sia passato qualche volta dal negozio, chi ti ha colpito maggiormente tra i frequentatori?

Fin da piccolo ma naturalmente da adolescente lo frequentavo spesso. Passavo lì interi pomeriggi anche se non conoscevo la collocazione dei dischi, degli spartiti, dei libri ma mi piaceva il rapporto con la clientela. Per me era un gioco, chiedevo aiuto a mio zio o ad un commesso che ha lavorato lì per molti anni e anche lui si chiamava Salvatore.Dai racconti di mio padre e di tutte le persone che sono passate da quel negozio, sicuramente sono rimasto affascinato da tutte quelle che sono passate prima che io nascessi. Personaggi illustri, importanti che rappresentavano il meglio della cultura musicale partenopea. frequentavo poco il negozio. Ho incrociato molte persone legate al mondo del Teatro.

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Nello spettacolo metti in rilievo che il negozio ha attraversato gli anni più bui della seconda guerra mondiale. Come ha fatto a sopravvivere?

La famiglia Simeoli era benestante, dagli anni ‘20 fino allo scoppio della guerra, avevano un tenore di vita molto alto. Vivevano al Vomero, avevano un cuoco e si spostavano con la loro carrozza. Mio nonno aveva aperto una scuola di musica, aveva acquistato la squadra di calcio del Vomero, c’erano le Edizioni Simeoli. Purtroppo tutto si perde con la guerra e la musica mi fa un po’ pensare a come noi abbiamo vissuto il Teatro in questo periodo di pandemia. Visto come qualcosa di elitario e non essenziale. Non riuscendo più a vivere con la musica, piano piano questo patrimonio viene declassato a cominciare da Villa Comino al Vomero che venne venduta per quarantamila lire. All’epoca una cifra molto bassa.
Loro erano sfollati a Marano di cui erano originari e avevano lì dei parenti a cui appoggiarsi. Mio nonno perde tutto tranne il negozio, un po’ per la sua grande passione per la musica, decide di tenere duro e di tirare avanti! Mio padre in quel periodo pur di sopravvivere scendeva da Marano con delle cassette di frutta che venivano vendute davanti al negozio di musica che si trasforma in un negozio di ortofrutta pur di tirare avanti in qualche modo “la carretta” come si usava dire! Mio nonno aveva una grande riconoscenza per chi gli aveva dato la possibilità di aprirlo, ossia la famiglia Rossomandi. Il Capofamiglia era un Professore della Scarlatti di Napoli che era un’Orchestra importantissima ovviamente legata al Conservatorio di San Pietro a Majella. Per quanto riguarda personaggi ai quali ovviamente sono legato, ci sono Pino Daniele e James Senese. Il Professor Rossomandi era sposato ma non avevano figli. Mio nonno agli inizi era una specie di aiutante, apriva la porta. Da tutte le carte e dagli aneddoti tramandati negli anni che hanno aiutato a comporre la storia, c’è una lettera firmata da un notaio in cui la famiglia Rossomandi afferma che “per tutto quello che questo ragazzo ha fatto nei nostri confronti, ecco tutto quello che a lui lasciamo, dalla bottiglia a tanti oggetti di valore, preziosi che sono andati ad arricchire la casa dei miei nonni, argenteria e quant’altro. Mio nonno diceva che grazie al Signor Rossomandi era riuscito ad avere il suo negozio di musica, un qualcosa di importante, di simbolico non solo per la famiglia ma anche per Napoli. L’unica cosa alla quale si è aggrappato e che non ha venduto e c’è riuscito visto che il negozio c’è ancora.

“Il negozio è ariano, non possiamo servire gli ebrei” era la scritta che i fascisti imponevano di esporre nel locale a tutti i negozianti.

Purtroppo in quel periodo ci fu l’imposizione di questa regola alla quale certamente si sarebbero potuti ribellare.

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Quali sarebbero state le conseguenze?

Purtroppo in quel periodo si entrò in quella mentalità perversa con l’accettazione di alcune regole e questo lo posso assolutamente garantire, dissentiva da quella che era una regolamentazione assolutamente folle ma alla quale purtroppo si era costretti per la sopravvivenza. Nonno aveva otto figli, era l’unica possibilità di salvezza. Era un personaggio sotto gli occhi di tutti. Era molto amico di Matilde Serao che è stata la prima donna direttrice del Mattino di Napoli. Moglie di Eduardo Scarfoglio, intima amica di Donna Rachele Mussolini. Aveva anche delle responsabilità pubbliche. Era inevitabile che proprio lui dovesse assecondare una certa situazione, un certo modo anche se assolutamente sbagliato di procedere in quegli anni.

Salvare la pelle e la famiglia, non tanto per i soldi immagino!

Lo scopo era quello di sostenere la famiglia.

Com’è andato il connubio con Antonio Grosso?

cms_23891/5.jpgCi conosciamo da tantissimi anni e all’inizio mi chiese di fare la regia di un suo spettacolo. Mi conosceva, mi seguiva soprattutto accanto a Gigi Proietti che come ben sai è stato il mio Maestro, ho lavorato con lui per tanti anni, Dopo questo spettacolo è nata una conoscenza e poi un’amicizia, tra l’altro abitiamo anche vicini. Ad un certo punto io che avevo in testa quest’idea ma non riuscivo a realizzarla perché non trovavo la persona giusta, volevo raggiungere un’età più matura per raccontarla e mi frenava una grande paura di andare a raccontare qualcosa di privato che rimaneva tale. Temevo che non potesse risultare interessante per tutti. La forza del teatro e del cinema è far diventare le storie qualcosa di universale. Devo dire grazie ad Antonio, al quale ho consegnato la mia storia familiare e lui l’ha cucita dal punto di vista drammaturgico, registico e successivamente l’ha fatta diventare un qualcosa a 360°. E’ vero che parte da un privato ma diventa universale, grazie alla presenza e alla frequentazione nel negozio di noti personaggi. Qualcosa che poteva essere il racconto di una città con le storie di tanti e prendendo spunto dalla famiglia Simeoli entra nelle case di tutti. E’ stata una grande fortuna collaborare e lo ringrazierò sempre. Era quello che io volevo. Non volevo che gli spettatori uscendo dal Teatro dicessero “vabbé questa è la tua storia, grazie!” Non è così perché suscita una grande emozione, si ride molto. Mi piace molto usare questo doppio registro, Antonio lo ha capito e sicuramente ha reso poetica tutta questa storia.Un connubio fortunato e felice.

Avrete una tournée?

Dopo la Sala Umberto di Roma, lo spettacolo sarà nuovamente in scena il 5 dicembre a Montopoli Sabina in provincia di Rieti.La Tournèe proseguirà Al Trianon di Napoli che è la tappa alla quale tengo di più, dove tutto è successo!. Grazie a Marisa Laurito, direttrice del teatro che si è innamorata di questa storia ed ha voluto fortemente lo spettacolo per tre giorni.
Seguiranno Palermo, Firenze, Avezzano, Chieti, Salerno e altre tappe nel Lazio perché alla sala Umberto siamo stati pochi giorni in quanto bisogna comunque recuperare gli spettacoli che dovevano andare in scena la precedente stagione. Abbiamo debuttato quando il pubblico era tornato al 100% e sono aumentate le responsabilità.

Elisabetta Ruffolo

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