“STORIA DI STORIE DIVERSE” - XXXII

Insegnanti di sostegno allo specchio: la disabilità tra difficoltà e gratificazione

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cms_20101/Foto_1.jpg“Storia di storie diverse”, ovvero storie di alunni disabili, persone con caratteristiche speciali, con limitazioni visibili ed innegabili potenzialità.

Il loro percorso scolastico, le difficoltà incontrate e quanto sia ancora difficile oggi parlare di integrazione nella scuola italiana.

Si affronteranno anche problematiche più generali del sistema scolastico da una visuale privilegiata, quella di chi lavora al suo interno.

Siamo a casa da due settimane e per un tempo ancora sconosciuto. Il sindaco ha chiuso la nostra scuola, a scopo precauzionale, senza indicare una data di riapertura. È una quarantena, dato che alcuni docenti sono risultati positivi? È un tempo di attesa, da parte di chi è entrato in contatto, per avere dei risultati? Non è dato saperlo.

Il nostro desiderio è tornare ad insegnare in presenza, ma se devo fare una valutazione personale e relativa alla tutela della mia salute preferisco che la scuola rimanga chiusa. Ricordo che, negli ultimi giorni di frequenza, vedevo i miei colleghi impauriti, avvertivo una spiacevole sensazione nell’aria; era come se il virus “aleggiasse” intorno a me e, in effetti, non mi sbagliavo. Ritorna l’insidiosa spaccatura tra diritto all’istruzione e diritto alla salute. Quale è più meritevole di tutela?

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La mia idea è quella di un lockdown vero e proprio che preveda anche la chiusura degli istituti scolastici. Al tempo stesso, mi rendo conto che non siamo più in grado, da un punto di vista psicologico, di affrontare una nuova chiusura, come avvenuto a marzo. È impensabile. Per cui lockdown “morbido” senza sapere, però, se sia meglio tenere le scuole aperte o chiuse. Ciò che si sa è che le possibilità di contagio, in ambito scolastico, non sono elevate ma non vanno nemmeno sminuite: il virologo Andrea Crisanti sostiene che a scuola ci si contagia come in altri luoghi.

Ciò che realmente manca è una direzione univoca che, a mio avviso, in una situazione di simile emergenza, dovrebbe essere impressa dal ministro piuttosto che dai governatori, pena una non uniformità sul territorio nazionale a cui si aggiungono anche le iniziative dei sindaci.

È un’anarchia: alcune regioni, come la Campania, hanno chiuso da subito le scuole; altre, come la Puglia, le hanno chiuse in un secondo momento per poi riaprirle lasciando ai genitori la facoltà di scelta, se far frequentare in presenza o a distanza. Ma anche questa iniziativa ha aperto un acceso dibattito.

La mia alunna, Virginia (nome di fantasia), inizialmente era entusiasta della didattica a distanza: il primo giorno mi chiese addirittura di farle lezione anche di pomeriggio. È passata solo una settimana, faccio lezione due ore al giorno ma la madre mi ha accennato che è stanca, si annoia e la mattina non vuole alzarsi. Le cause di questa demotivazione mi sembrano abbastanza chiare: come si può pensare di fare lezione, attraverso uno schermo, ad una bambina affetta da un marcato disturbo dell’attenzione, che è distraibile, che ha difficoltà a stare ferma perché iperattiva…? Sono bambini per cui non valgono le motivazioni comuni o l’obbligo di dover svolgere una determinata attività. La loro motivazione deve essere interiore ed è la sola che li attiva e li coinvolge: solo che è difficilissimo motivare a distanza, svolgere attività interessanti a distanza.

Il nostro banco, ad esempio, è un laboratorio: cartoncini colorati, colori, forbici, colla e tempere. Giochi didattici di ogni genere, dai giochi da tavolo alle costruzioni, il gioco dell’oca o la tombola per imparare i numeri fino a 100 o per eseguire semplici addizioni dopo il lancio dei dadi. Io intervallo le mie attività didattiche con uno svariato numero di attività ludiche e distensive, porto la bambina in palestra se ha la necessità di doversi scaricare fisicamente. Non posso fare nulla di tutto ciò attraverso a uno schermo e non posso semplicemente imporre all’alunno di completare le schede.

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Due ore al giorno, a distanza, per una bambina che ha un disturbo marcato nell’attenzione sono eccessive; io stessa mi sono accorta che lei sta risentendo di quest’obbligo. Per questo, dato che lei è molto comunicativa, lascio ampi spazi alla conversazione e al confronto interpersonale. In questi momenti la vedo più interessata e coinvolta perché è desiderosa di comunicare con me.

Esprime stati d’animo e sentimenti, prova gioia nel descrivermi cosa ha fatto nella giornata precedente e vede il mio interesse. Più importante dell’apprendimento è il contatto, da preservare a tutti i costi specie con questi alunni: per molti di loro la scuola è il solo ambito di socialità, il solo luogo in cui quotidianamente frequentano i coetanei. Senza la scuola si sentirebbero isolati nelle loro famiglie, ed è per questo che si spinge per una frequenza virtuale, pur con tutti i limiti e le difficoltà che essa presenta.

Bisogna sopportare, purtroppo, che la scuola, in questo momento, sia questo e, nonostante le difficoltà di realizzazione degli interventi didattici, occorre assicurare serenità, da un punto di vista psicologico, agli alunni fragili.

Vincenza Amato

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