“STORIA DI STORIE DIVERSE” - CAPITOLO X

Insegnanti di sostegno allo specchio: la disabilità tra difficoltà e gratificazione

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cms_17924/Foto_1.jpgINTRODUZIONE

Ogni capitolo scritto è una parte di una sorta di autobiografia professionale che si intreccia con momenti di vita personale.

“Storia di storie diverse”, ovvero storie di alunni disabili, persone con caratteristiche speciali, con limitazioni visibili ed innegabili potenzialità.

Il loro percorso scolastico, le difficoltà incontrate e quanto sia ancora difficile oggi parlare di integrazione nella scuola italiana.

Gli articoli saranno pubblicati con cadenza settimanale nella omonima rubrica.

CAPITOLO X

“E’ TEMPO DI SCRUTINI, E’ TEMPO DI VALUTAZIONE”

E’ tempo di scrutini, è tempo di valutazione. Anche tale momento, cruciale ai fini della conclusione del percorso scolastico, si è svolto da remoto e con grande difficoltà dato che le connessioni alla rete Internet di alcuni insegnanti erano instabili.

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Il Ministero dell’Istruzione, che in generale è stato assai poco vicino agli insegnanti in questa fase difficile e delicata, avrebbe dovuto fornire agli insegnanti la possibilità di una connessione gratuita e soprattutto stabile anche limitata al periodo della didattica a distanza. Molti insegnanti, invece, hanno lavorato ricorrendo a collegamenti malfunzionanti e questo ha ostacolato lo svolgimento sia dei lavori didattici che di quelli legati ai gruppi interni di lavoro. Sarebbe stato opportuno almeno offrire una convenzione per le scuole a costi agevolati, che consentisse a tutti di sfruttare la linea veloce per la trasmissione dei dati.

Gli scrutini sono riunioni a carattere ufficiale i cui esiti, a livello valutativo, sono contestabili per via amministrativa; è accaduto che, ogni volta che la connessione veniva meno, la riunione non fosse ritenuta più valida in quanto era necessaria la presenza di tutti gli insegnanti che, unanimemente, dovevano esprimere il loro parere sulle valutazioni.

Interrotta una riunione, per via della momentanea assenza di un suo componente, si passava alla riunione successiva con l’intento poi di riconvocare quella precedente.

Insomma, per farla breve, da dover durare un’ora a classe lo scrutinio, essendo il numero complessivo delle classi pari a trenta, ci ha tenuti impegnati dalla mattina fino al pomeriggio inoltaro, in attesa di poter svolgere operazioni di valutazione con la supervisione del Dirigente Scolastico.

Il momento valutativo è da considerarsi tra i più difficili da affrontare nel percorso di insegnamento. Valutare un alunno nel suo complesso, nel suo processo di crescita, nella maturità acquisita e nell’impegno, è una responsabilità e si può sbagliare. Sono diventate alte, inoltre, le aspettative di alunni e genitori; pertanto, spesso il voto desiderato non corrisponde alla reale percezione che gli insegnanti hanno avuto dell’alunno, nel lasso di tempo per cui è richiesto loro di formulare una valutazione.

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Valutare è oggettivamente difficile e gli insegnanti riflettono a lungo prima di esprimere un giudizio. Tra l’altro, valutare gli alunni - soprattutto quelli di scuola primaria - con un numero è assolutamente fuorviante.

La valutazione non deve essere una quantificazione e non può essere espressa da un numero soprattutto se si parla di bambini.

La valutazione è un processo che ha un inizio, una parte intermedia e una fine e per questo si parla di valutazione ex ante o diagnostica, di valutazione in itinere e di valutazione ex post o conclusiva.

La valutazione diagnostica si svolge all’inizio del percorso di insegnamento ed è tesa a valutare le conoscenze pregresse degli alunni, i loro bisogni di apprendimento ed anche i loro prerequisiti.

La valutazione in itinere si svolge durante il percorso di apprendimento e serve a comprendere se la progettazione effettuata è risultata adatta agli alunni, se essi rispondono positivamente e riescono a seguire quanto proposto.

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Se ciò non avviene l’insegnante è tenuto a rimodulare il proprio intervento affinchè esso possa avere la sua corretta efficacia.

La valutazione di cui si parla di più, perchè è la più conosciuta (ma non l’unica) è la valutazione conclusiva, ovvero quella che prevede l’emissione di un giudizio finale da parte dell’insegnante al termine di un periodo scolastico.

Valutare, torno a ripeterlo, è un’operazione difficile poiché in parte si basa su dati oggettivi, quali le prove di verifica a cui sono stati sottoposti gli alunni, e in parte risente della soggettività del valutatore, che è ineliminabile e può produrre interferenze e distorsioni. Valutare non è una scienza esatta seppure esista la docimologia, che a livello di studi universitari conduce delle analisi sui processi valutativi e sulla loro correttezza. Chi valuta vede il mondo “filtrato” secondo le sue esperienze personali, preferenze ed emozioni.

La nostra personalità non è organizzata per compartimenti stagni per cui, per quanto ci si sforzi di essere oggettivi, anche le influenze personali svolgono la loro parte nei processi di valutazione.

Un’altra difficoltà riviene dal fatto che l’alunno non è un numero e non gli viene solo chiesto di svolgere una prova di verifica.

La prova di verifica può attestare il possesso di determinate abilità a conclusione di un percorso di apprendimento, ma la valutazione è tenuta a dare anche una quadro complessivo dei progressi dell’alunno e dunque il suo livello di socializzazione, come è integrato nella classe, se agisce positivamente nelle interazioni con adulti e coetanei, la sua affettività, se è espressa o meno, la sua autonomia nello svolgimento delle consegne e nell’organizzazione dei materiali, la sua capacità di orientarsi negli spazi scolastici…

Tanti e molteplici fattori rientrano nell’emissione di un giudizio finale, sia esso discorsivo o numerico. Per cui è riduttivo pensare alla valutazione unicamente come ad un momento conclusivo del percorso scolastico.

Un insegnante valuta il proprio alunno sempre, in ogni momento si fa delle idee su di lui. A maggior ragione questo vale per l’alunno disabile che viene valutato tramite l’osservazione, capendo come agisce, ad esempio, nel momento in cui gli è richiesto di risolvere un problema: i bambini disabili sono scarsamente autonomi in quanto i genitori spesso, considerandoli come meno capaci, si sostituiscono a loro e questo non è positivo.

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Con alcuni alunni ho dovuto, negli anni, a lavorare a lungo su azioni basilari come aprire e chiudere la cartella, abbottonarsi il giubbotto, scartare la merendina: gesti per noi naturali ma che, talvolta, i genitori degli alunni disabili non aiutano a svolgere, impedendo lo sviluppo dell’autonomia anche nello svolgimento di semplici azioni quotidiane.

Un bambino disabile che acquisisce determinate autonomie ma che, per questioni legate al ritardo mentale, ad esempio, non riesce ad imparare a leggere e a scrivere, sarà valutato sulla base dei progressi compiuti negli ambiti in cui riuscirà ad operare, in cui ci sono delle potenzialità che consentono di ipotizzare un percorso di apprendimento individualizzato.

Vincenza Amato

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