“NEL NOME DI ALLAH”, IL NUOVO LIBRO DI ROBERTO PATRUNO

L’islam e la guerra siriana oltre le fantasie occidentali

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Dio non ha una religione”, sosteneva il Mahatma Gandhi oltre 70 anni fa. Una frase che, in un presente permeato da aspri conflitti religiosi, risulta più vera che mai, e che troviamo rivisitata in chiave inedita nel nuovo libro di Roberto Patruno, Nel nome di Allah (Graus Editore, 2018). Titolo emblematico e alquanto insolito per un autore italiano e cristiano, dunque apparentemente estraneo al mondo e agli ideali islamici, che accresce il mistero intorno a un’opera coinvolgente e affascinante anche per i “non addetti ai lavori”.

cms_9325/2.jpgRoberto Patruno, nato nel 1943 a Corato (Ba), trascorre l’infanzia e l’adolescenza a Taranto. Arruolatosi nella Marina, ben presto consegue il grado di Ammiraglio, mettendosi al servizio della Commissione Europea e delle Nazioni Unite in virtù della sua esperienza nell’ambito della navigazione sicurae della salvaguardia dei mari. Negli anni diventa anche un profondo conoscitore dei Paesi mediorientali, a cui è legato per via della parentela con Shabika Shah Povia, nipote acquisito nonché autore della toccante prefazione che apre Nel nome di Allah. Giunto alla quarta fatica editoriale - dopo L’amore malato, Una settimana balorda e Quartetto d’archi -, lo scrittore si confronta con uno dei temi più “caldi” degli ultimi tempi, in un’opera volta al superamento di tutti i pregiudizi e gli stereotipi che, negli anni, sono serviti solo a innalzare inutili muri tra le religioni.

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Il racconto ruota attorno alla figura di Marcello Guidi, chirurgo italiano che decide di offrire il suo supporto all’ong “Medici senza frontiere” come volontario in Siria. Approdato a Yarmouk, sobborgo alla periferia di Damasco che accoglie una comunità di rifugiati palestinesi, si scontra con una realtà di inconcepibile miseria umana, ridotta al limite della sopravvivenza da una sanguinosa guerra civile. E’ un angolo del mondo su cui i riflettori si sono spenti ormai da tempo, in cui i pochi che si sono astenuti dalla fuga vengono uccisi uno ad uno nell’indifferenza generale. Marcello, insieme al suo vecchio amico musulmano, Kamal, alla giovane dottoressa siriana Asiya, a uno strampalato collega maltese e a pochi altri operatori, si prenderà cura di questa gente, rischiando tutto ogni giorno pur di “rubare delle vite alla morte”. E’ un lembo di terra in cui per dissetarsi bisogna attendere il miracolo della pioggia, in cui persino i bambini non sono altro che “adulti rimpiccioliti e avvizziti. Marcello, seppur reduce da precedenti esperienze nelle zone di guerra, da medico appassionato e sensibile qual è non resta affatto indifferente a una situazione tanto disperata. Da agnostico, inoltre, si domanda come facciano i colleghi islamici a confidare in un Dio che sembra aver abbandonato quella gente al suo triste destino.

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Sarà Asiya a svelargli il mistero più grande: quello di un amore capace di vincere su tutto, persino su una spietata guerra fratricida. Tra lei e il medico, fino ad allora impenitente donnaiolo, nascerà una storia fatta di gesti semplici, di sguardi che si intrecciano e mani che si sfiorano in un’improvvisa esplosione di felicità. Una relazione sbocciata come un rigoglioso fiore nel deserto più arido del Pianeta, “iniziata in modo discreto, quasi in punta di piedi, in un luogo che di romantico non aveva più niente”. Tra un paziente da operare e un’esplosione in lontananza, il loro amore cresce silenzioso ma determinato, fino ad incontrare l’ostacolo più grande: l’arresto e la detenzione di Marcello ad opera dei servizi di sicurezza siriani, insospettiti dalla sua collaborazione con un giornale romano. Sembrerà essere l’inizio della fine per i due innamorati, costretti a una lunghissima e forzata lontananza, ma il destino riserverà loro un’inaspettata “rinascita” …

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Nel nome di Allah unisce, in un inscindibile connubio di rara autenticità, le dolorose vicende dei conflitti mediorientali alla romanzata storia tra Marcello e Asiya, emblematico ponte tra due culture solo all’apparenza inconciliabili. L’incubo della guerra e il sogno di un amore travolgente si rincorrono tra le righe di un romanzo che si lascia leggere tutto d’un fiato, capace di appassionare e suscitare immediato pathos pur senza eccessivi orpelli stilistici né clamorosi colpi di scena. Una storia del tutto verosimile, straordinariamente vicina ad una realtà concreta che deve non solo far sognare, ma anche e soprattutto spingere alla riflessione, smuovendo le ormai intorpidite coscienze. L’autore non si esime, infatti, dal manifestare un accorato e pungente pensiero critico in merito alla guerra che ancora oggi si consuma in terra siriana e alle inappropriate non-reazioni dell’occidente. Ne emerge il quadro preoccupante di un’Europa che s’indigna solo dinanzi alla profanazione dei tesori archeologici di Aleppo, ignorando la quotidiana scomparsa di migliaia di persone ad opera degli jihadisti e di tutte le frange fondamentaliste.

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Attraverso le parole di Marcello, l’autore dà voce alle reali vittime di questa guerra senza fine, una popolazione ormai rassegnata, che non brama vendetta, che non nutre alcun desiderio assimilabile ad una rivendicazione violenta. L’importante messaggio di fondo, dunque, si legge chiaramente tra le righe di un’opera che racconta con schiettezza una verità per molti difficile da comprendere: l’islam è pace, così come il cristianesimo. Lo sono anche l’induismo, il buddismo, l’ebraismo, così come l’agnosticismo e l’ateismo: nessuna ideologia può giustificare la violenza dell’uomo, poiché ognuna - in senso laico o religioso - punta ad enfatizzare i valori della solidarietà e della tolleranza insiti nella nostra stessa natura di “animali sociali”.

In attesa che la comunità internazionale intervenga per porre definitivamente fine all’inferno siriano, non ci resta che sperare, confidando in un dio - che sia Allah, Yahweh, Buddha e via dicendo - capace di far valere il proprio nome nel segno della giustizia e della più profonda umanità. Inshallah (“che sia fatta la volontà di dio”).

Federica Marocchino

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