IN MARCIA PER TARANTO

Mamme e bambini contro l’inquinamento.

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Gialli come la luce del sole, come l’energia psicofisica, come il fervore dell’immaginazione. Quella che compone i tratti di un mondo migliore, più sano e meno inquinato. Perché la salute è un diritto di tutti. Tanti i cappellini che ieri hanno colorato le vie di Taranto, sfidando la pioggia.

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Ad indossarli i bambini, i più colpiti dall’inquinamento industriale, che assieme alle loro mamme e a diverse associazioni cittadine e ambientaliste hanno marciato per ridare “giustizia” a Taranto. Il tema principale: la chiusura dell’Ilva, ritenuta, secondo le perizie ordinate dai magistrati nell’ambito del maxiprocesso “Ambiente svenduto”, fonte di malattie e morte. Una manifestazione pacifica che da piazza Marconi ha raggiunto piazza della Vittoria, passando per il centro.

Taranto non si arrende al mostro che ancora uccide.

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Alternati alla musica popolare e ai balli improvvisati, ci sono stati diversi interventi: l’operaio che si è "scusato" perché lavorando all’Ilva, ha indirettamente contribuito all’avvelenamento della città; la vedova di un malato di SLA, uno dei tanti cittadini prematuramente scomparsi; la pediatra che, come tanti suoi colleghi, vive la malattia da un altro punto di vista.

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E mentre il corteo sfilava, alcuni commercianti oscuravano le vetrine, in segno di solidarietà e di affetto per chi contro il male lotta con tutte le forze. L’ha fatto anche Francesco Bari e Jerref, lo storico negozio di giocattoli che ha voluto donare, per l’occasione, un ulivo bonsai, simbolo di pace e rinascita.

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Particolari che non passano inosservati e che stringono nel destino comune un’intera città.Alla fine del percorso, un timido sole ha fatto capolino, accendendo di nuova luce quelle testoline immaginifiche. Il futuro è loro! A propiziarlo altre testoline ornate di ulivo che, assieme ai grandi, hanno abbattuto una miniatura di ciminiera, simbolo funesto di una città che deve rinascere.

Roberto Pedron

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