LE CARTOLINE PROFUMAVANO DI CREMA
Spigolature storiche

E’ un piacevole tuffo in quel segmento di vita contraddistinto da tradizioni ormai dimenticate, riferite al “Come eravamo”: un delicato affresco celebrato nelle simpatiche cartoline d’epoca che recano gli auguri della Pasqua tramite un allegro tripudio di soffici quadretti che suscitano una nota di rimpianto, di nostalgia, dati i tempi cupi che ingrigiscono gli animi.
Deliziose immagini evocano, tra l’altro, il mondo di un’infanzia serena, all’insegna della semplicità, della naturalezza: un mondo di bambini che si trastullavano gioiosamente in luoghi, come prati, campagne non inquinate (tranquille oasi di pace) appagati del poco, non ancora avviati all’obesità, dall’overdose di merendine e giochi al computer. Disegni, illustrazioni dal sapore fiabesco, innocente. Un immaginario bucolico, agreste relegato, oggi, a sogni impossibili.
Andando oltre al messaggio augurale, vi si può leggere, in chiave sociologica, la rappresentazione di un’Italia, contadina o urbana, idealizzata non afflitta da problematiche. Idilliaca, fedele ancora a costumi, tradizioni, ai valori devozionali, al senso della famiglia, e della paternità. Vi faceva capolino il tono sfumato, qualche accenno a periodi di miseria, di stenti dovuti alle infauste ripercussioni dell’ultima guerra. A suo tempo anche una popolare canzone suonava come monito a sparare fiori dalle bocche dei cannoni.
Volesse il cielo che per sempre tacessero i suoni di guerre nefaste!
Passano tra le nostre mani le cartoline un po’ ingiallite, incipriate dalla polvere degli anni, sgusciano furtive dagli album della nonna o fanno bella mostra nei mercatini di occasioni, ambite da amatori e collezionisti.
Attirano la nostra curiosità, sbalordiscono i più giovani, fanno spuntare un sorriso, scevro di ironia, di compiacimento, di sorpresa! Conservano, dopo lunghi anni, il profumo degli affetti, il sapore di vaniglia delle focacce caserecce che arricchivano le tavole nella domenica pasquale, secondo una ritualità perduta.
Assai gradevoli esteticamente per il retroterra di ricordi, di lievi emozioni che riferiscono alla nostra memoria lontana, le belle cartoline pasquali, tratteggiano armoniosamente profili di scenette idilliache, bucoliche.
Tutto un mondo intriso di una pennellata poetica, di un sognante stupore che noi, uomini disincantati, stritolati dalle spire di una vita frenetica e convulsa, abbiamo smarrito.
E non indugiamo, né ci attardiamo a contemplare le bellezze della natura.
Così, mentre ci si attarda presso una bancarella del mercatino, alla ricerca di un antidoto ai convulsi ritmi esistenziali, ci lasciamo andare ad angoli di sogni sfumati, deliziati dall’aerea visione di ridenti angioletti mentre si dondolano su una fune fiorita, intenti a far suonare un pesante bronzo. O sospesi tra cielo e terra, volteggiano su distese fiorite dove corrono spensieratamente bimbi, agnelli e ochette.
Contadinelle si destreggiano tra uova, pulcini, coniglietti, mentre candide colombe e garrule rondini sospendono i voli, rapite dal melodioso zufolare del pastorello.
Nell’armonia di un paesaggio e di una natura che risorge a nuova vita (metafora dell’uomo che rinasce con la Risurrezione), tra ulivi, peschi in fiore appare la figura del Buon Pastore, del Cristo adolescente ad annunciare la pace e la gioia del grande giorno.
E ancora bambini vestiti a festa, con buffi cappellini di paglia, trattengono tra le mani coloriti mazzolini di fiori campestri o stringono al petto soffici agnellini, simboli di pace, di amore.
Un felice naturalismo, una freschezza di atteggiamenti è sottesa delicatamente nelle scene rappresentate: una gamma di impressioni giocate su una coralità di sentimenti, quali l’amicizia, la condivisione di momenti, di esperienze di vita, il senso della famiglia.
Ideali e valori rievocati da atmosfere “fuori tempo” su cui si stempera un sorriso benevolo, compiacente. Visioni che riscaldano il cuore con quella gioia profonda, innovatrice che sa dare la Pasqua.
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