GLI “ALBERGHI DIFFUSI”

La nuova frontiera del turismo, pronta a rilanciare il settore nel post Covid

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Il settore turistico è notoriamente uno dei più colpiti dagli “effetti collaterali” dell’emergenza pandemica, ma è tanta la speranze per la stagione estiva che sta per aprirsi. Ciò vale ancor più per le forme di accoglienza più innovative e flessibili, tra cui rientra la formula dei cosiddetti “alberghi diffusi”. DI cosa si tratta? Di un’ospitalità tipica dei più incantevoli e caratteristici borghi italiani, riassumibile nella formula "un po’ casa, un po’ albergo". Il connubio che unisce il piacere del godersi le vacanze alla consapevolezza di farlo in modo del tutto sostenibile.

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"Gli alberghi diffusi possono offrire un’esperienza perfetta per il post covid e già si stanno preparando per l’accoglienza degli ospiti nella prossima stagione. Questo è un segnale positivo perché la resistenza alla crisi non si fa certo restando fermi, ma inventandosi qualcosa di nuovo. E per realtà piccole investire e migliorarsi in questo momento non è cosa da poco - riferisce ai microfoni Ansa Giancarlo Dall’Ara, presidente dell’Associazione Nazionale Alberghi Diffusi, che negli anni ’80 ha creato questo modello e lanciato l’espressione ’albergo diffuso’ - Abbiamo rilevato che 8 strutture sulle 70 che sono in regola con l’iscrizione all’associazione hanno in corso lavori di ampliamento, a dimostrazione che il modello dell’albergo diffuso e il tema della sostenibilità nei borghi rappresentano una tendenza che ha delle conferme positive dal mercato. Stiamo infatti già vedendo, anche se ancora senza prenotazioni, una attenzione maggiore rispetto al 2019 per questo tipo di accoglienza che offre al turista l’autonomia insieme ai servizi alberghieri"

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"Anche la CNN e la rivista Forbes hanno recentemente sottolineato quanto gli alberghi diffusi siano perfetti per chi vuole tornare a viaggiare dopo la pandemia - conclude Dall’Ara - quello dell’albergo diffuso è un modello turistico esportabile; con la nostra associazione noi offriamo a chi è interessato il know how gratuitamente: in cambio chiediamo che venga usato il nome italiano, in questo modo promuoviamo anche il made in Italy".

Valentina Farina

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