ALLA SCOPERTA DI NAPOLI

Villa D’Elboeuf

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“Già nello scorcio del Medio Evo, Napoli oltrepassava i 200 mila abitanti, quando Milano non sorpassava che di poco i 50 mila e Torino ne contava 16 mila soltanto; quando Amburgo ne aveva meno di Torino e Londra meno di Milano”, così dichiara Andrea Geremicca, politico, giornalista, scrittore intellettuale della sinistra a Napoli. Riporto questa asserzione per tentare una spiegazione allo scempio attuato in Campania.

Come può un popolo di poeti, scrittori, pensatori lasciare in un tale stato di miseria non solo un paesaggio di inequivocabile fascino ma favorirne il decadimento generale a cominciare dalle sue ville storiche? Le risposte possono essere molteplici e comunque ognuna di queste ha a che fare con la coscienza, il dio denaro e l’indifferenza.

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Situata ai piedi del Vesuvio, nelle vicinanze del porto del Granatello, villa d’Elboeuf è un palazzo settecentesco della città di Portici (NA). Dal punto di vista cronologico è la prima delle 122 ville vesuviane del Miglio d’oro e probabilmente è anche la più bella. Costruito nel 1711 per volere del duca d’Elboeuf, su disegno di Ferdinando Sanfelice, l’edificio, splendido esempio di complesso decorativo tardo barocco, presentava una pianta rettangolare e si sviluppava su due piani, con una loggetta dalla parte del Vesuvio e due terrazze sul mare, una verso Torre del Greco ed una verso Napoli. Sulla facciata principale, che praticamente potrebbe specchiarsi sulla superficie dell’acqua, erano situati due portali, a cui si accedeva attraverso una doppia scala ellittica con balaustra in marmo e piperno. All’epoca, grazie ad un contadino che scavava nel proprio podere furono ritrovati dei marmi, risalenti alla città di Ercolano seppellita dalla famosa eruzione. Il principe, appassionato di antichità acquistò allora il podere e continuò gli scavi per conto proprio. Tutti i ritrovamenti come le colonne, le statue e i circa 122 busti, andarono ad arricchire la villa divenendo ben presto un polo di attrazione turistica per altri nobili. Il duca fece inoltre piantare numerose piante esotiche nel giardino della villa che le conferivano un aspetto elegante e sontuoso. Pochi anni dopo la fine della costruzione, precisamente nel 1716, il palazzo fu ceduto a Giacinto Falletti, duca di Cannalonga e di fatto tale evento ne determinò in un certo senso la fortuna. Carlo Borbone, fu ospitato dal duca e si innamorò letteralmente di quei luoghi tanto da far edificare la maestosa Reggia di Portici. In seguito lo stesso re acquistò la villa trasformandola in una dependance. Il successore Ferdinando IV la decorò ulteriormente realizzando al suo lato I bagni della Regina. Il declino iniziò con la costruzione della prima linea ferroviaria italiana che non solo la privò del giardino ma effettivamente le passava attraverso, spaccandola per così dire in due; senza dimenticare l’unità di Italia, che dichiarò la villa bene dei Savoia condannandola al suo inesorabile destino.

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Sospeso tra l’opportunità di riqualificazione e la minaccia di speculazione edilizia, l’edificio che era proprietà di privati, versa in uno stato grave di abbandono e generale fatiscenza. Il tetto è crollato in diversi punti, alcune pareti interne sono state abbattute e molti locali sono stati oggetto di sciacallaggio volto a depredarne il rame dei cavi elettrici. E come se non bastasse la struttura è stata colpita da diversi incendi e viene frequentemente usata dai senzatetto come rifugio. Il progetto di riqualificazione prevedeva un hotel ma gli intoppi burocratici e le infiltrazioni camorristiche hanno comportato lo scioglimento della cordata. Oggi la villa come un fantasma ricorda i fasti di un tempo che non esiste più, che non si può far ritornare, che non si vuole.

(foto interne di Francesca Coppola)

Francesca Coppola

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