UN PREZIOSO E INQUIETANTE STEREOGRAMMA (IV parte)
La musica del caso di Paul Auster

IL DENARO/I SOLDI
Il motore di tutto sembra il denaro: nel viaggio di ricerca di Nashe (quasi 200.000 $), nel gioco - Pozzi (5.000 $ dati dal padre per il diploma), nel potere - vincita alla lotteria dei due vecchi amici ricconi.
“Il denaro era la causa della sua libertà, ma ogni volta che lo usava per comprarsi un’altra porzione di quella libertà, si privava allo stesso tempo di una porzione uguale” (p. 19)
“Il denaro rappresentava qualcosa di così straordinario, di così monumentale nelle sue conseguenze, che travolse tutto il resto” (p. 5).
“Il denaro gli permetteva di viaggiare, ma era anche il motore della sconfitta: lo riconduceva inesorabilmente al luogo da dove era partito.” (p. 19).
Ma il denaro dà potere solo sulle cose (retta di cui Nashe era debitore per la madre gravemente ammalata; nuova macchina -la Saub 900 a due porte-; la vacanza; l’Hotel Plaza a New York), non involge gli elementi fondamentali della vita (non gli restituisce l’amore: la moglie Thérèse non tornerà; la figlia Juliette si allontanerà da lui).
C’è un giudizio di disvalore sul denaro, l’uomo deve lavorare guadagnarsi il pane con “il sudore della fronte” (rif. all’episodio della Genesi del paradiso terrestre e del peccato originale: v. infra).
Il denaro è uno strumento che può perderci: l’eredità di Nashe e i risultati rovinosi del tentativo di riaverlo giocando il tutto per tutto con pozzi. E ritorna anche in altri romanzi di Auster, come in Invisible (i soldi per consentire il lancio di una nuova rivista).
IL CASO
In realtà il “motore” vero della storia è IL CASO, connesso con IL RITARDO:
L’avvocato arriva tardi - dopo sei mesi; l’eredità arriva tardi per trattenere l’amore di Thérèse; Nashe aspetta troppo e arriva tardi per conservare l’affetto della figlia Juliette, Nashe fa tardi la sua richiesta a Fiona di sposarlo, sempre Nashe fa tardi a tornare al gioco che ferve tra Pozzi e i due ricconi; i lavori per il maltempo ritardano.
La CORSA, il VIAGGIO, la VELOCITÀ
La corsa è una sensazione che molti -io stesso- abbiamo provato nel guidare una macchina (specie la notte) sentirsi assolutamente di avere il controllo in quel fluido moto quasi automatico, magari al suono della nostra musica preferita.
Certo senza complicazioni: “strade note”, “aree aperte e disabitate”, “evitare il brutto tempo”.
“Ma anche nelle migliori condizioni, Nashe sapeva che nessuna strada era del tutto priva di rischi. C’erano costanti pericoli da cui guardarsi, e in qualunque momento poteva succedere qualunque cosa. Buche e sterzate, lo scoppio improvviso di una gomma, automobilisti ubriachi, la minima distrazione - ognuna di queste cose poteva ucciderti in un secondo”. (p. 14). È un altro indizio lasciato dall’autore e ricorda il memorabile Turista per caso di Anne Tyler (e la sua bellissima trasposizione cinematografica omonima del 1988 con la regia del grande Lawrence Kasdan, e attori del calibro di William Hurt - Macon Leary -, Kathleen Turner - Sarah Leary - e Geena Davis -Muriel Pritchett).
È un viaggio in senso proprio?
“Nashe non aveva nessun piano definito. Tutt’al più l’idea era lasciarsi andare alla deriva per un po’, viaggiare da un posto all’altro e vedere cosa succedeva. Pensava di stancarsi in un paio di mesi, e a quel punto si sarebbe seduto a riflettere sul da farsi. Ma i due mesi passarono e lui non era ancora pronto a smettere. A poco a poco, si era innamorato della sua nuova vita libera e irresponsabile, e una volta che questo accadde, non c’era più ragione di smettere” (p. 12-13)
“Era una prospettiva vertiginosa: immaginare tutta quella libertà, capire quanto poco importava la sua scelta, qualunque fosse. Poteva andare ovunque volesse, poteva fare qualunque cosa si sentisse di fare, e non c’era nemmeno una persona al mondo che ci avrebbe badato. Finché nn fosse tornato, avrebbe potuto essere invisibile” (p. 8).
“Si sentiva come un uomo che avesse infine trovato il coraggio di ficcarsi una pallottola in testa -ma in questo caso la pallottola non significava morte ma vita, era l’esplosione che provoca la nascita di nuovi mondi.” (pp. 11-12).
Ma Nashe capisce subito che è anche l’inizio della sua fine, uno “strano piccolo virus […] si era infilato nel suo sistema [… causando] un crollo mentale” (p. 9).
“Dopo quella seconda notte, Nashe si rese conto che aveva perso il controllo di se stesso, che era caduto nella stretta di qualche forza sconcertante e invincibile. Era come un animale impazzito, che sbandava alla cieca da un chissà dove all’altro, ma nonostante prendesse mille volte la risoluzione di fermarsi, non riusciva a decidere di farlo. Ogni mattina andava a dormire dicendosi che ne aveva avuto abbastanza, che era ora di finirla, e ogni pomeriggio si svegliava con lo stesso desiderio, con lo stesso bisogno irresistibile di strisciare di nuovo in macchina. “ (p. 8).
“Lottava per riottenere la stabilità di prima, ma la sua mente continuava a ritornare alla strada, all’entusiasmo che aveva provato quelle due settimane, e poco alla volta cominciò ad abbandonare ogni resistenza. Non voleva lasciare il lavoro, ma così non aveva tempo per guidare e cos’altro doveva fare?” (p. 9).
La vita non ha più senso senza un viaggio continuo, senza pensieri Nashe va dovunque ma sta sempre fermo. È indifferente il dove si vada.
“Sapeva che non era che un pretesto [“stabilire l’itinerario”, “scegliere la destinazione”, “programmare attentamente il percorso”], che i posti non avevano nessun significato in se stessi” (p. 14):
IL VIAGGIO (come altri elementi esaminati in precedenza) si fa Metafora della vita.
E nel viaggio non è importante dove si va come nella vita.
LA CORSA
“Rivoleva quella solitudine, quella corsa notturna attraverso il vuoto, quel rimbombo della strada sulla pelle” (p. 8).
(continua)
UN PREZIOSO E INQUIETANTE STEREOGRAMMA
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