GIANFRANCO FERRE’ E IL PERFETTO CONNUBIO TRA LINEA E VOLUME

CHI ERA L’ARCHITETTO DEL TESSILE CHE VESTIVA LE EMOZIONI

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Nel 2007 il fashion system perdeva uno dei suoi grandi talenti, a soli sessantatré anni ci lasciava il designer, architetto e grande amante della pittura, Gianfranco Ferré. Negli anni 90’con Giorgio Armani, Gianni Versace, Krizia, Ottavio e Rosita Missoni ha portato il Made in Italy e il pret-a-porter ad una popolarità mai vista prima scippando letteralmente la leadership ai francesi e con un aumento di fatturato impressionante del Made in Italy (la sola maison Ferré dichiarò un fatturato di circa 1.500 miliardi delle vecchie lire). Le sfilate della moda italiana diventarono dei fashion show a cui nessuno voleva mancare, sulle loro passerelle hanno sfilato le top model più belle di sempre come la Campbell, la Schiffer, la Bruni, la Evangelista, la Crawford, la Auermann, la Macpherson e le altre che divennero delle vere e proprie dive ammirate da tutte le fashion addicted degli anni ‘90 come la sottoscritta. Negli anni ’90, ognuno con il proprio stile, hanno reso il Made in Italy glamour, lussuoso, ambitissimo e vendutissimo in tutto il mondo. Gianfranco Ferré era una persona riservatissima, poco propenso a prendersi la scena, a rilasciare interviste, all’onnipresenza della vita mondana, all’effimero di quegli anni. Per lui dovevano parlare le sue creazioni che rispecchiavano il suo amore viscerale per l’architettura, lui che si era laureto in architettura al Politecnico di Milano, per la pittura, per il rigore delle linee che, fusi nei suoi bozzetti, dovevano portare alla massima valorizzazione dei tre punti cardini della silhouette di una donna: spalle, punto vita, gambe. Il designer, dopo la laurea, inizia a lavorare nel fashion system come creatore di accessori e bijoux, ma sarà un viaggio in India che lo porterà, non solo ad innamorarsi dei colori e dei tessuti del paese, ma a fondare, nel ’78, la maison Ferré che nel 2014 è stata acquistata dal Paris Grup Dubai. La sua prima collezione di pret-a-porter primavera-estate arriva nel ‘79 e gli regalerà la notorietà internazionale che raggiungerà il suo culmine massimo negli anni ’90.

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Però saranno proprio gli anni ’90 il suo più grande nemico, gli anni dei trend alert, dell’effimero, dei party no stop, del lusso declinato nell’eccesso. Al contrario Gianfranco Ferré è stato il designer dei volumi, della costruzione dei tessuti, dell’eleganza minimal di una camicia bianca che assume, grazie a Ferré, una costruzione perfetta e un’eleganza che prende forma attraverso ruches, volumi e pieghe. Per Ferré le donne dovevano essere vestire e non svestire come era “di moda” negli anni ’90, per Ferré le donne dovevano essere sofisticate, rigorose e pienamente consapevoli della loro regalità. Ecco perché la sua moda non è mai stata una moda facile, una moda che si amava incondizionatamente, è stato un designer più di indole haute couture che di pret-a-porter, la sua era una moda caratterizzata da colli scultorei, imponenti capispalla, bijoux che catturavano l’attenzione, tanti pantaloni, poca decorazione. Le sue creazioni tessili servivano a vestire e a dare forma alle emozioni delle donne forti, moderne e non è un caso che i suoi abiti hanno rapito e vestito la donna forte per eccellenza di quegli anni, Margaret Thatcher.

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Gianfranco Ferré non ha mai visto di buon occhio il trend unisex che cominciava ad affacciarsi, per lui donne e uomini erano due universi a se che non potevano essere mai confusi, nemmeno attraverso gli abiti e questa sua dichiarazione è fortemente esplicativa: “…credendo fermamente nella differenza, necessaria e vitale, tra i due sessi, scindo con nettezza l’approccio mentale nel disegnare linee per soggetti diversi. Se la donna mi suggerisce intuizioni, fantasia, un pensiero poetico, per me il vestire da uomo si fonda sulla ragione e su un certo tipo di disobbedienza e di disinvoltura. L’affondare le mani nelle tasche, per esempio a cui la compostezza femminile è meno incline”. Nel ’86 per Ferré comincia l’avventura dell’haute couture che durerà pochissimo visto che nel ’89 il designer viene chiamato ad un compito prestigiosissimo, diventerà direttore creativo della storica maison francese Dior che gli porterà grandi successi e riconoscimenti internazionali. La serietà e la correttezza che lo hanno sempre contraddistinto lo porteranno alla decisione di abbandonare l’haute couture a sua firma per dedicarsi anima e corpo a riportare la maison francese al suo antico splendore con buona pace dello sciovinismo francese che ostacolò “l’italiano” designer di una maison francese e di cui ho già parlato nello scorso articolo di cui vi lascio il link:https://internationalwebpost.org/contents/I_GRANDI_COUTURIERS_FRANCESI_CHE_ERANO_ITALIANI_17689.html?fbclid=IwAR1qYmSFvewQ0w58nav5yM0fxahMD3XGeaGqag5b6Q36qFbQVfMIsW4NYJE#.XtsfWUUzaR-

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Sono stati in molti a definire gli abiti di Ferré come delle architetture tessili e di questa definizione il designer andava fiero come si può evincere dalle sue stese parole: “ In molti hanno definito i miei abiti architetture tessili. L’idea mi piace, rende bene l’idea di quello che è la creazione di un abito per me, il risultato di un incontro tra forma e materia, guidato dalla mano e dal cuore del creatore”. Oltre ai tessuti, ai materiali inediti come la gomma e le resine, alla forma, per il designer il colore aveva un ruolo predominante per dare vita ad un abito. Il colore , le nuance e la ricerca di vie originali sono stati sempre il primo pensiero di Ferré, che solo dopo aver pensato a quel particolare colore o sfumatura creava il bozzetto dell’abito e mai viceversa.

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Il suo grande amore è stato senza dubbio la camicia bianca, un capo essenziale, mai uguale a se stessa. Una camicia bianca sa essere rigorosa e maschile, ma anche leggere e femminile, sa essere sontuosa dai volumi esagerati, ma anche sexy come un body che accompagna la silhouette. “Nel lessico contemporaneo dell’eleganza mi piace pensare che la mia camicia bianca sia un termine di uso universale. Che però ognuno pronuncia come vuole”. Queste sono le parole del designer per descriverla e che attraverso il taffettà, la seta, il pizzo, l’organza, il tulle, il cotone e una costruzione architettonica perfetta la camicia bianca diventa un capo icona nel guardaroba di ogni donna. Gianfranco Ferré ci ha lasciato una visione di una moda sontuosa, ma mai esagerata, una visione senza una data di scadenza, una moda pulita nelle linee, ma regale nei volumi, una visione che puntava sui tessuti, sulla costruzione dei tagli, una moda fatta di colori puri, una visione che ha fatto dell’eleganza e della seduzione, mai sguaiate il suo tratto distintivo. In fondo anche una “semplice” camicia bianca può diventare una formidabile arma di seduzione.

T. Velvet

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